Vite e case spezzate: i fotografi raccontano il terremoto

Ad Ancona le immagini di Olivo Barbieri, Paola De Pietri e Petra Noordkamp. Il soprintendente Carlo Birrozzi: "Irriconoscibili interi villaggi"

Vite e case spezzate: i fotografi raccontano il terremoto
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13 Dicembre 2018 - 15.05


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Una foto di elettrodomestici appesi nel vuoto dello scheletro di una casa. Una foto di crepe sopra la porta di un interno. Il ritratto di uomo dallo sguardo stupito e sconfortato. Lo scatto sui cedimenti in un affresco. Nell’entroterra marchigiano il terremoto del 2016, con la coda nel gennaio 2017 in giorni carichi di neve, ha avuto effetti devastanti. Sulle vite, sul patrimonio artistico. La quotidianità sconquassata o spazzata via, i luoghi a soqquadro, i piccoli segni di resistenza, le persone richiedono di venire raccontate, conosciute, non dimenticate. Vuole raccontare i borghi feriti e le persone e le loro case una mostra con immagini dai luoghi del terremoto commissionate a due ottimi fotografi e a una videomaker: Olivo Barbieri, Paola De Pietri e l’olandese Petra Noordkamp. È un progetto promosso dalla soprintendenza di Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche con il museo nazionale delle arti del XXI secolo Maxxi di Roma (dove le foto saranno esposte nel 2019) e l’Associazione Demanio Marittimo.Km-278.
«Terre in movimento» nella chiesa riaperta dopo 21 anni
Fotografi su commissione quindi ma, assicurano gli organizzatori, che hanno agito in piena libertà salvo i limiti ragionevoli della loro sicurezza e incolumità fisica. Il programma arriva a compimento con la mostra «Terre in movimento» che hanno curato il soprintendente Carlo Birrozzi e Pippo Ciorra, ha coordinato Cristiana Colli, e che si tiene nel nucleo antico di Ancona da venerdì 14 dicembre alle 17 fino al 3 marzo nella chiesa di San Gregorio Illuminatore (già San Bartolomeo). Peraltro collocare le immagini sul terremoto nella chiesa prescelta è, per gli anconetani, un avvenimento in sé: edificata tra il 1520 e il 1522, radicalmente modificata e ristrutturata nel 1760, la chiesa San Gregorio Illuminatore è chiusa dal terremoto di ben 21 anni fa, il 1997. I lavori non sono finiti ma, informa il soprintendente-architetto, ha deciso di riaprire perché sia un segnale di ripartenza anche in città.
Il quadro del disastro
Con catalogo edito dalla casa editrice maceratese Quodlibet, la mostra muove dal constatare gli effetti del disastro e, in realtà, anche di un disastro storico e culturale più ampio. In catalogo Birrozzi pone interrogativi che investono il nostro vivere civile e più vasti appunto: «Antichi villaggi sono stati resi irriconoscibili e 16 mila oggetti sono stati spostati dal loro ambiente naturale: chiese, musei, biblioteche e palazzi hanno visto il loro ricco patrimonio partire verso luoghi di raccolta temporanei. Sull’onda dell’emergenza sono state fatte scelte che hanno compromesso ulteriormente il paesaggio dell’entroterra e si è dovuto prendere atto di quanto l’abbandono avesse eroso dall’interno gli abitati storici. Si è verificato un capovolgimento, analogo a quello accaduto alla costa con l’industrializzazione e il turismo di massa; una profonda e radicale metamorfosi che obbliga a ripensare il ruolo che il patrimonio può svolgere nella vita delle comunità e a domandarsi se davvero la cultura e la storia possono ancora essere una forza centripeta attorno alla quale ricostruire comunità, sviluppo, civilizzazione». L’architetto constata, non senza amarezza: «Da troppo tempo il legame tra arte e letteratura e territorio si è sfilacciato, e la voce della fotografia, della poesia e dell’arte hanno smesso di raccontare le Marche».
Raccontare il terremoto e l’emergenza
Un volume recente come quello dello scrittore e reporter Angelo Ferracuti e del fotografo Giovanni Marrozzini Gli spaesati in realtà sa raccontare, con efficacia e profonda umanità, le esistenze ferite nel Centro Italia colpito dal sisma 2016. Anche alla luce di questo libro-reportage si comprende meglio quanto scrive Birrozzi: «I messaggi contrastanti che arrivano dal territorio vanno compresi e governati: accanto alla
forte richiesta di riportare al centro la storia e la cultura per assicurare il futuro alle nuove generazioni, c’è una domanda di interventi che oltre la gestione operativa dell’emergenza sappiano affrontare le tematiche complesse di una rigenerazione vera dei borghi storici». I quali borghi storici hanno iniziato a spopolarsi, nell’Appennino,  prima del sisma e dove andrà trovata una forza contrapposta per richiamare abitanti e giovani (quindi opportunità di lavoro) pena la desolazione e l’abbandono definitivo. La mostra «Terre in movimento» si spera servirà anche a immaginare nuove vie.

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