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"Beni culturali, il ministero imbavaglia soprintendenti e direttori"

Storici dell'arte, archeologi, urbanisti contrari alla linea del ministro Franceschini denunciano "il bavaglio". L'elenco dei firmatari della lettera

"Beni culturali, il ministero imbavaglia soprintendenti e direttori"
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5 Gennaio 2018 - 00.41


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Nel mondo dell’arte e dei beni culturali è venuta a galla una polemica sotto certi aspetti inedita. Molti esperti e studiosi accusano da tempo il ministro della cultura Dario Franceschini di aver svuotato le soprintendenze e la tutela del patrimonio artistico (mantenerlo in salute e a disposizione di tutti come diritti e doveri sanciti dalla Costituzione) a favore dei supermusei e di una cultura concepita sui grandi numeri di pubblico. La novità ora è un’altra, e di rilievo: in una lettera-appello storici dell’arte, archeologi, urbanisti, ex soprintendenti denunciano che se finora la stampa e la tv tranne rari casi non hanno portato in superficie il problema come a loro parere avrebbero dovuto la causa sta anche nel fatto che il ministro avrebbe imposto il bavaglio a chi ci lavora e conosce i fatti dal di dentro. “I soprintendenti e gli altri tecnici della tutela non possono assolutamente fare dichiarazioni, denunciare lo stato di confusione fra Soprintendenze, Poli Museali e Fondazioni di diritto privato, di depotenziamento strutturale, di esasperata burocratizzazione in cui versano gli organismi e gli uffici che per oltre un secolo hanno operato per difendere dalle aggressioni speculative, dall’abbandono, dall’incuria il patrimonio storico-artistico-paesaggistico”, scrivono i firmatari. “Gli organismi” e “gli uffici” a dir la verità non hanno sempre difeso da speculazioni, abbandono e incuria, altrimenti non esisterebbero per esempio tanti ecomostri, tuttavia il nocciolo della questione è di democrazia: in altri termini, impera il silenzio forzato sui dipendenti quando, come cittadini, come funzionari pubblici, avrebbero il diritto di esprimere la loro opinione. In altri termini, l’accusa è la mancanza di democrazia e libertà.

Sta ora al ministero rispondere. Di sicuro negli ultimi tempi chi ha critiche da fare le manifesta ai giornalisti a patto dell’anonimato o di non trascrivere nemmeno quanto sussurrato. Indice di un problema più diffuso, però: il dissenso oggi giorno, nelle aziende come nella politica, è sempre più spesso visto come intollerabile insurbodinazione da punire e reprimere invece che esercizio di democrazia (emblematici i Cinque stelle che fissano multe gigantesche per chi dissente o non segue la linea oppure espellono, come è accaduto al sindaco di Parma Pizzarotti). Il problema è di cultura di politica e di democrazia.

Tra i firmatari, di cui nessuno – come dichiarato – lavora oggi nel dicastero, figurano archeologi come Adriano La Regina, Mario Torelli, Pietro Giovanni Guzzo, il poeta Valerio Magrelli, il giornalista scrittore Corrado Stajano, l’economista Stefano Sylos Labini, storici dell’arte come Andrea Emiliani e Tomaso Montanari.

Di seguito il link alla lettera-appello.

 

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