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Mussolini, Hitler, Stalin: così nascono tiranni (e stanno tornando)

Il padre di Benito violento e prevaricatore, quello di Adolf dominatore. Poi Mao, Gheddafi, Franco… "L’infanzia dei dittatori" di Véronique Chalmet ci avverte su quali pericoli corriamo

Mussolini, Hitler, Stalin: così nascono tiranni (e stanno tornando)
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2 Febbraio 2018 - 17.27


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Rock Reynolds

 

Sono tempi difficili, questi. Sono i giorni che precedono l’importante tornata elettorale che potrebbe sancire la salita al potere nel nostro paese di forze politiche dai dubbi principi democratici. Sono giorni di rigurgiti neofascisti, verrebbe quasi la voglia di definirli neonazisti, tentazione che soffochiamo sul nascere, per rispetto, essendosi da poco celebrato il Giorno della Memoria. Ma, se si guarda a realtà un po’ più lontane eppure sempre nei confini virtuali della nostra Europa, la tentazione torna a farsi forte: Polonia e Ungheria ci insegnano che certi flirt tornano ciclicamente a farsi bollenti.
In Italia, quei rigurgiti sono rimasti per anni ai margini dell’arena politica, confinati nel sottobosco della vergogna, con le memorie della Seconda Guerra ancora troppo fresche. Ma tutte le memorie hanno, purtroppo, una data di scadenza non chiara eppure inevitabile, se non le si custodisce nel modo dovuto. Quei rigurgiti si stanno facendo giorno dopo giorno più sfacciati, nutrendosi delle ansie della gente comune e della diffusa insoddisfazione nei confronti di una classe politica allo sbando, un punto di riferimento ideologico sempre meno chiaro per gli elettori. Se Di Battista e Di Maio non hanno problemi ad ammettere le simpatie fasciste dei rispettivi padri, c’è chi addirittura sostiene, non senza tracotanza, che Mussolini tutto sommato ha fatto cose buone. E non mi sto riferendo a quelli di Casa Pound o Forza Nuova, che hanno ormai trovato cittadinanza nell’arena politica italica, rifacendosi il trucco ma risultando pur sempre entità che poco hanno da spartire con la contesa democratica: state certi che, prima o poi, bastoni e boccette di olio di ricino salteranno fuori dai fasci. Mi sto riferendo, naturalmente, a Matteo Salvini e alle sue ultime – facciamo penultime – sparate. Per non parlare della nostra famiglia reale.

Lo scandalo Savoia
Se la giustizia regnasse sovrana nel mondo, come sostiene Edorta Jimenez, un amico romanziere basco, nobiltà e corona verrebbero dichiarate crimini contro l’umanità. Non me la sento di dissentire, soprattutto dopo che i Savoia hanno espresso una minaccia non particolarmente velata, di fronte al rifiuto del nostro paese di accogliere le spoglie di Vittorio Emanuele III al Pantheon: i politici vanno e vengono, i Savoia esistono da secoli e prima o poi troveranno il dovuto posto al Pantheon. Se è davvero indigesta la prospettiva di cingere degli allori dell’eroe un sovrano che si è distinto soprattutto per la sua silente quando non attivissima contiguità con il regime fascista, non meno sgradevoli, in tema di revisionismo, sono le recenti intemerate dell’onorevole Alessandra Mussolini, solerte a scandalizzarsi per un’intervista televisiva che avrebbe profanato la tomba di famiglia nel cimitero di Predappio e non altrettanto pronta a stigmatizzare saluti romani e sberleffi fascisti dei “pellegrini” che ogni giorno invadono il piccolo cimitero con camice nere e anfibi, senza curarsi del fatto che esso dà sepoltura anche a persone che forse non hanno simpatizzato con il regime e che, magari, ne sono pure state vittime.

L’infanzia dei dittatori
Ecco, dunque, che il libro L’infanzia dei dittatori (Baldini&Castoldi, traduzione di Marco Lapenna, pagg 171, euro 17) di Véronique Chalmet assume un ruolo importante tanto quanto attuale. Scritto con sapienza, dosando le parole, senza mai lasciarsi trasportare dalla quasi inevitabile emotività in un contesto di ricostruzione storico-psicologica quale quello che l’argomento impone, questo breve saggio della giornalista e scrittrice francese potrebbe essere un significativo tassello nel processo di ricostruzione della genesi del moderno tiranno, del folle giustiziere della democrazia, del narcisista foriero di disgrazie. Sono caratteristiche che il senso comune da sempre attribuisce alla figura del dittatore e che le lucidi analisi contenute in questo libro avvalorano quasi scientificamente.
Attraverso brevi schede su Pol Pot, Idi Amin, Stalin, Gheddafi, Hitler, Franco, Mao, Mussolini, Saddam Hussein e Bokassa – schede che non ne analizzano le imprese più o meno sadiche e la follia più o meno conclamata – Véronique Chalmet traccia un quadro agghiacciante del contesto familiare e sociale in cui dieci dei peggiori tiranni della storia recente si sono formati. Le analogie sono più numerose delle diversità e ne emerge un quadro tristissimo di soprusi infantili, ambienti familiari in cui la figura del padre è assente o, peggio ancora, violenta e anaffettiva e quella della madre è iperprotettiva e succube, la promiscuità sessuale e la povertà sono all’ordine del giorno, così come pesanti sono le condizioni storiche di grave disagio e crisi. E non si dica che la scelta dei “candidati” è tendenziosa: ce n’è per tutti i gusti, dai fascistissimi Mussolini, – con buona pace dei suoi crescenti apologeti – Hitler e Franco, uno smacco per gli spagnoli nostalgici – ai comunisti Stalin e Mao. E c’è pure qualche cane sciolto. Tutti, o quasi, sono accomunati dalle variegate e distorte letture, dal culto della personalità, espressione coniata da Nikita Chruščëv nel 1956, e dalla capacità di fare colpo sui deboli e di ammansire i forti.
Non troverete in questo libro banalizzazioni come, “Vostro figlio bagna ancora il letto a nove anni? È debole e si fa forza dietro amici corpulenti e prepotenti? Ha un odio profondo per il padre e un amore quasi morboso per la madre? Allora, state allevando un boia in famiglia…”. Troverete, però, indicazioni sul fatto che molti di questi tiranni hanno passato gli anni decisivi della crescita in ambienti familiari dominati da un clima di tensione, nel migliore dei casi, di violenze e abusi pesantissimi in altri.
Lo scrittore australiano Gregory David Roberts, autore del grande best seller Shantaram, una descrizione romanzata della prima parte della sua vita, ha sempre sottolineato quanto il difficile rapporto di un adolescente maschio con il padre sia la causa scatenante di buona parte dei disastri del mondo. Naturalmente, una predisposizione alla leadership va considerata, malgrado più che di vero e proprio carisma spesso si tratti di abilità nello sfruttare le debolezze altrui e nello spirito calcolatore e anche un po’ pusillanime di chi lo fa. Evidentemente, leggere tanto non basta a creare una coscienza umana profonda: Stalin era un avido lettore (Tolstoj, Dostoevskij, Hugo, Zola, Walt Whitman), Mao leggeva di tutto, soprattutto saghe marziali cinesi, Mussolini era a sua volta un lettore bulimico e condivideva con Stalin la passione per I miserabili di Victor Hugo. Gheddafi, peraltro, era stato profondamente colpito dai racconti orali – fattigli dal padre, la sera davanti al fuoco – di battaglie e massacri poi diventati pane quotidiano della realtà.
Secondo l’autrice, “Si può dire che sin dai primi mesi Adolf Hitler… abbia subito gli effetti letteralmente viscerali di un’autorità superiore – autorità alla quale cercherà incessantemente di sostituirsi”. Secondo la psicanalista Alice Miller, “non è difficile farsi un quadro dell’atmosfera in cui è nato Adolf Hitler. La struttura della sua famiglia si può descrivere come il prototipo del regime totalitario. Il suo unico e incontrastato signore, spesso anche assai rude, è il padre”. Hitler non sarà mai libero: “il padre resterà per sempre nei meandri contorti della sua mente”. Nemmeno sua madre Klara, una madre insoddisfatta e adorante, capì che quel suo figlio era cresciuto nell’incapacità “di provare la minima compassione verso i suoi simili”. Anche Alessandro Mussolini, padre di Benito, era violento e prevaricatore, materialista e donnaiolo impenitente, non tanto diverso dal padre di Hitler: “fautore delle punizioni corporali, non esita a picchiare Benito anche solo per temprargli il carattere”. Mi vengono in mente certi predicozzi militaristi che ancor oggi serpeggiano nelle caserme italiane. Quella del padre di Mussolini è “una velenosa miscela di violenza e indottrinamento, con il collante dell’affetto paterno” – in questo una differenza sostanziale dal padre di Hitler – “che per il bambino risulta particolarmente indigesta”. Ma c’è dell’altro nel futuro Duce: una predisposizione quasi genetica alla violenza, che trova la prima vera sublimazione nella pugnalata inferta a un compagno di classe qualche settimana dopo essere stato inviato forzatamente dal padre a un collegio salesiano. L’espulsione è l’inevitabile sanzione, ma pure la prima palestra in cui dalla teoria il giovane Mussolini passa alla pratica.
Che nel tiranno in nuce, così come in quello conclamato, vi sia il mito del superuomo non è una novità. Che vi sia pure un satrapismo maschilista più o meno ostentato, pure. Certo, scoprire che il giovane Mussolini si sia fatto ossa a letto trascinandovi una ragazzina con la forza è una sorpresa. Anche se non sconvolgente, considerato il personaggio. Lui stesso sembra che ne abbia parlato con malcelato orgoglio. Secondo l’autrice, per Mussolini “il concetto di stupro è insignificante: se una ragazza gli resiste, è solo perché ancora non lo conosce”.
Gli appetiti sessuali di Idi Amin, Gheddafi, Stalin e dello stesso Mao sono leggendari. Hitler, invece, ha una sorta di paura atavica del sesso e Franco non è certo noto per aver sfoggiato la sua mascolinità, una conseguenza delle ripetute, quasi quotidiane infedeltà coniugali del padre. Un padre detestato al punto che Franco sfogò finalmente l’odio covato per anni, abbandonandosi a indicibili violenze ai danni delle popolazioni del Marocco.
Narcisismo, egocentrismo, machismo, frustrazione, disabilità, legami familiari ambigui, elementi incastonati su realtà socioeconomiche e contesti storico-politici disgregati. Non c’è, fortunatamente, la ricetta del perfetto tiranno, ma poco ci manca.
Attenzione, dunque, a non lasciarci tentare dall’idea di distinguere tra tiranni illuminati e non. Un tiranno è un tiranno e non serve fare il conto dei disastri combinati per stilare una classifica del despota perfetto. È stata o sarà la storia a dare la giusta collocazione ai dieci personaggi indicati in questo libro. Ognuno di essi ha fatto qualcosa di grande, talvolta pure di buono, per il proprio popolo o, più facilmente, per una parte del proprio popolo. Tutto il resto è tirannide, da qualsiasi parte la si guardi. Ricordiamolo ai più giovani. L’infanzia dei dittatori di Véronique Chalmet, con la sua prosa misurata e con le sue analisi lucide, può essere un ottimo strumento per aprire le menti e creare interesse per la storia.

 

 

 

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