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Lo storico Calimani: razzisti e antisemiti, combatterli senza esaltarli

A Ferrara apre il Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah. Lo storico dell’ebraismo e scrittore Riccardo Calimani: «Mussolini avvelenò il terreno italiano e va ancora bonificato»

Lo storico Calimani: razzisti e antisemiti, combatterli senza esaltarli
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13 Dicembre 2017 - 17.16


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L’antisemitismo in Italia è una malapianta tutt’altro che estirpata. Occorre vigilare perché lo scenario attuale preoccupa tuttavia quanto propagandano gli estremisti (cioè fascisti e neonazisti) non va enfatizzato altrimenti facciamo il loro gioco. Il pensiero, sintetizzato, ha la voce di Riccardo Calimani, scrittore, storico dell’ebraismo italiano ed europeo, membro del comitato scientifico delle Gallerie dell’Accademia Venezia, già presidente del Museo nazionale dell’ebraismo e della Shoah di Ferrara: parla proprio della città che inaugura la prima parte del Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah nell’ex carcere dove il regime fascista imprigionò oppositori ed ebrei tra cui lo scrittore Giorgio Bassani. «È il frutto di un impegno dello Stato concretizzatosi prima con la legge nel 2006, approvata con il consenso di tutte le forze politiche, poi con finanziamenti per 50 milioni di euro che consentono di completare interamente il progetto» (sarà finito nel 2020, ndr), ricorda il ministro dei Beni e attività culturali e del turismo Dario Franceschini.
La comunità ebraica italiana è la più antica perché esiste da Duemila anni. Dopo le leggi razziali fasciste del 1938 ha rischiato di sparire con l’occupazione nazista del 1943 e le deportazioni in massa. Ha resistito. Il museo diretto da Simonetta Della Seta apre in 32 sale con la mostra “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni” con oggetti, manoscritti, incunaboli, documenti medievali, epigrafi romane e medievali, anelli, sigilli, monete, lucerne, amuleti.

Professor Calimani, come valuta questa apertura?

È una tappa importante ma Ferrara è una città piccola, i visitatori devono venire da fuori. Affinché arrivino bisogna creare un progetto che non sia solo museale ma un vero laboratorio culturale.

Come metterlo in pratica?

Deve avere elementi in grado di attrarre per dare una conoscenza approfondita del mondo ebraico che gli italiani non conoscono anche perché durante il fascismo Mussolini disse che eravamo potentissimi e in fluentissimi. È molto più facile avvelenare un terreno che bonificarlo e molti pregiudizi non sono stati bonificati.

Quali elementi suggerisce per attrarre visitatori?

Deve organizzare seminari per studenti, far venire professori per corsi di vario tipo. È un’attività che costa molti soldi perciò servono fondi a hoc che sono le riparazioni per le ingiustizie del passato. Nessuno ha mai chiesto risarcimenti. Questo è il risarcimento che l’Italia deve dare a se stessa per una maturazione civile, soprattutto in questi tempi.

L’antisemitismo, mai spento, parallelamente all’avversione agli immigrati si palesa in pubblico e le formazioni di estrema destra hanno preso forza. Non è preoccupante?

L’antisemitismo è frutto della paura e soprattutto dell’ignoranza. I focolai di odio sono sempre esistiti. Sono legati al disagio, ai problemi. Se ci fosse una crisi economica seria ci sarebbe da avere paura, l’infezione potrebbe espandersi. In un periodo in cui la paura prevale questi fenomeni possono diventare pericoli.

Non sono già pericolosi adesso? Gli estremisti di destra sono arrivati a fare irruzioni, a  minacciare i giornalisti di Repubblica e non solo loro.

I pericoli potrebbero aumentare, tutto è relativo. Il pericolo c’è e non dobbiamo ridurlo ma neanche ingigantirlo, mitizzarlo o esaltarlo. È un gioco di equilibro: bisogna cogliere i segnali senza spaventarsi. Bisogna fare in modo che le cose possano migliorare senza dare colpi di acceleratore né sul freno. Dobbiamo insistere sulla vigilanza ma guai a enfatizzare perché quelli lì ne sarebbero contenti.

Eppure c’è gente che è arrivata a dire che Hitler ha fatto bene.

Quando la vigilanza democratica si indebolisce succedono fenomeni simili. La vigilanza deve essere più forte e la politica italiana non dà un grande esempio di maturità. Questo malessere è frutto del malessere del paese: bisogna fare uno sforzo di maturità e di attenzione politica.

Può dare un contributo questo museo?

Sì purché non sia una foglia di fico o una semplice vetrina. Come dicevo, bisogna fare attività vera di conoscenza, studio, riflessione sul passato e sul presente ma soprattutto al futuro guardando al passato e a cosa accade oggi

A chi serve il museo ebraico?

Serve al mondo italiano, non a quello ebraico che è una minoranza e non supera le 25mila persone.

 

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