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Direttori stranieri nei musei statali? Stop dal Consiglio di Stato

I giudici frenano Franceschini e rinviano la decisione sui sette stranieri. Allora dovremmo contestare quando un italiano guida un istituto all'estero?

Direttori stranieri nei musei statali? Stop dal Consiglio di Stato
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2 Febbraio 2018 - 16.35


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Ste. Mi.

Stranieri a capo dei musei statali? Rimandati, non promossi. Il Consiglio di Stato rimette in gioco le nomine di direttori non italiani (sette su 20) volute nell’agosto 2015 dal ministro dei beni e attività culturali e del turismo Dario Franceschini. E mentre il Consiglio approva le procedure del concorso, rinvia all’adunanza plenaria il verdetto.

Gli stranieri alla guida di musei con autonomia sono sette: guidano Uffizi (Eike Schmidt) e Galleria dell’Accademia (Cecilie Hollberg) a Firenze, Pinacoteca di Brera a Milano (James Bradburne), Palazzo Ducale a Mantova (Peter Assmann), la Galleria Nazionale delle Marche a Urbino (Peter Aufreiter), il Museo di Capodimonte a Napoli (Sylvain Bellenger), il parco archeologico di Paestum (Gabriel Zuchtriegel).

Furibondo il titolare della riforma che ha dato autonomia di gestione ed amministrativa prima a venti e poi ad alti dieci musei e siti archeologici (fino ad allora tutti dipendevano dalle rispettive soprintendenze) e ne ha fatto il cardine del proprio mandato: “Davvero difficile fare le riforme in Italia – twitta Franceschini – . Dopo 16 decisioni del Tar e 6 del Consiglio di Stato, quest’ultimo cambia linea e rimette la decisione sui Direttori stranieri dei musei all’adunanza plenaria. Cosa penseranno nel mondo?”

La sesta sezione del Consiglio di Stato ha così deciso valutando un ricorso presentato nei mesi scorsi. Nella valutazione i giudici promuovono la procedura scelta dal Mibact: una commissione ha selezionato tra i candidati una prima la rosa di dieci finalisti, poi i tre tra i quali il ministro ha scelto chi nominare, ma rinviano la decisione sull’apertura agli stranieri all’adunanza plenaria perché “c’è contrasto giurisprudenziale”. Il nodo da sciogliere è se una persona che non è cittadina italiana può dirigere un ente pubblico. Il 25 maggio scorso il Tar del Lazio aveva bocciato con due sentenze le nomine di cinque dei venti direttori, di cui però solo uno riguardava uno straniero: Assmann, a Mantova. Il giudici amministrativi avevano accolto il ricorso di due candidati alla direzione dei musei di Mantova, Modena, Taranto, Napoli e Reggio Calabria ritenendo che le procedure di selezione fossero viziate in più aspetti, per esempio sulle modalità dei colloqui che per legge devono essere pubblici e che quei candidati hanno accusato essere stati invece a porte chiuse. Il Tar aveva accolto i ricorsi anche sui criteri di valutazione dopo la selezione dei titoli e, appunto, la presenza di candidati stranieri: “Nessuna norma derogatoria consente al ministero di reclutare dirigenti pubblici Oltralpe”. La bocciatura teneva le nomine appese a un filo e le avrebbe sospese, incluse tutte quelle dei direttori stranieri. Il Consiglio di Stato in seguito aveva sospeso le sentenze del Tar e consentito ai direttori di proseguire in vista del giudizio di merito. Ora approva le procedure ma rimanda all’adunanza plenaria la nomina di direttori stranieri. Decideranno in base al diritto. Nel frattempo da Napoli  Sylvain Bellenger, comprensibilmente sconcertato, commenta: “E’ l’ennesima dimostrazione che la burocrazia in Italia mette in ginocchio il Paese, crea una grande incertezza per le competenze venute dall’estero dopo aver lasciato solide e prestigiose posizioni professionali. Tutto questo è gravissimo e nuoce moltissimo all’Italia e agli italiani”.

 

E allora gli italiani all’estero?

Culturalmente va chiarito però un punto: se non è – come principio – ammesso che un non italiano diriga un museo o un’istituzione culturale pubblica italiana, allora ogni volta che un italiano viene chiamato a dirigere un istituto straniero nel mondo, statale o meno, lì dovrebbero dire no grazie. E noi italiani non dovremmo compiacerci con orgoglio di quelle nomine. All’estero non hanno reagito indignati quando l’archeologo e studioso d’arte Salvatore Settis andò a dirigere il Getty Research Institute della Fondazione Getty a Los Angeles (privata) perché sapevano che era un’eccellenza. In tempi più recenti, il J. Paul Getty Museum ha chiamato Davide Gasparotto come senior curator. Vale anche per istituzioni pubbliche: Massimiliano Gioni è direttore artistico del New Museum of Contemporary Art di New York; dal 1999 al 2008 Francesco Bonami ha ricoperto il ruolo cruciale di Senior Curator al Museum of Contemporary Art di Chicago. In Europa Francesco Manacorda, dopo aver condotto la fiera torinese “Artissima”, a 43 anni è stato scelto per dirigere la Tate di Liverpool; Roberto Contini è curatore alla Gemäldegalerie di Berlino. E il presidente francese Macron chi ha voluto come consigliere speciale della cultura? Claudia Ferrazzi. Italiana, guarda un po’.

 

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